Non so dove altro scriverlo per cui sarà qui.
Di colleghi scortesi e in burn-out non ne posso più.
Di pazienti invadenti non parliamo, ma quelli almeno sarebbero pazienti (in teoria soltanto).
Insomma la nostra vita é invasa nel privato non dalle intercettazioni ma dal malessere degli altri.
E' palpabile a tutti i livelli. Ma quello che non sopporto é quando viene meno il tentativo di mantenere un contegno. Sei un collega, diamoci pure del Tu, ma rispettiamoci.
Sei un paziente, diamoci RECIPROCAMENTE del Lei e facciamo lo sforzo di stare ognuno al suo posto.
I ruoli contano e vanno difesi. Non é che perché chi dovrebbe governare va regolarmente a troie che automaticamente tutto il mondo possa scendere al livello di rapporti che si mantiene con il proprio pusher.
Le parole sono importanti, si diceva.
Ma anche una stretta di mano, il bussare prima di spalancare la porta, il mantenere un tono non scorbutico. E se ad esempio uno Ti fa la cortesia di telefonarTi, cara collega, per aggiornarti sulle condizioni del TUO paziente, non mi risponderai: "E perché non te lo tieni tu?".
Insomma lavorare stanca. Tutti però.
E se la sera ho comunque cinque secondi regolari di angoscia sul divano, in cui temo di poter morire un giorno, d'ora in avanti penserò così.
Posso decidere solo una cosa: ed è come vivere. [Come morire, checché se ne dica é un falso].
E io voglio vivere nel rispetto.
Mio e degli altri.
Cari i miei pezzi di merda!
3 commenti:
ah, no: basta rispetto.
io mando tutti a fare in culo.
sìssì.
ma questa è tutt'altro che una invettiva
è una vera e propria direttiva
più che giustificata
e giustificabile
fra l'altro
Grazie Gaggio, sapeveo di poter contare su di te.
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