Un esperimento di scrittura collettiva. Un po' colpa mia ma soprattutto merito altrui. Qui potete leggerlo.
Come assaggio un pezzettino dal primo capitolo:
“E voi cosa volete?...” se lo era scritto come sottotitolo del suo blog.
Era arrivato prestissimo, forse prima di tutti, ma entrava solo adesso. Partito in quarta, una volta arrivato al locale quella frase nella mente lo aveva bloccato. Se ne era lungamente stato fuori dal locale, sfumacchiando un paio di sigarette senza filtro.
Era intabarrato in nero, come se un corpo come il suo si potesse nascondere. Qualcuna l’aveva vista entrare. Gli erano sembrate persone decise e determinate, chissà perchè…
“Se proprio mi devo far del male ora forse è il momento” pensava nell’attimo in cui entrò. E qualcuno – “perché ho mai messo quella foto?” – ammiccava. Qualcuno che lo avrebbe chiamato Blu senza sapere che quello era il colore dei suoi pensieri. Qualcuno che stava già rompendo il ghiaccio al bancone. Perché – “per fortuna” – un bancone c’era. Un brivido freddo gli stava salendo sulla schiena, ma piano piano capiva che ce l’avrebbe fatta. Anche quella volta. “Basta un bancone e i tacchi di una donna che conosci da prima di sempre e il giochino ti riuscirà anche questa volta” ruminava dentro di sé.
Il miracolo dell’essere affabile e piacevole andava in scena anche questa sera.
In fondo era il suo mestiere, empatizzare con chiunque gli capitasse davanti. E certi mestieri non finiscono alle otto di sera.
Era arrivato prestissimo, forse prima di tutti, ma entrava solo adesso. Partito in quarta, una volta arrivato al locale quella frase nella mente lo aveva bloccato. Se ne era lungamente stato fuori dal locale, sfumacchiando un paio di sigarette senza filtro.
Era intabarrato in nero, come se un corpo come il suo si potesse nascondere. Qualcuna l’aveva vista entrare. Gli erano sembrate persone decise e determinate, chissà perchè…
“Se proprio mi devo far del male ora forse è il momento” pensava nell’attimo in cui entrò. E qualcuno – “perché ho mai messo quella foto?” – ammiccava. Qualcuno che lo avrebbe chiamato Blu senza sapere che quello era il colore dei suoi pensieri. Qualcuno che stava già rompendo il ghiaccio al bancone. Perché – “per fortuna” – un bancone c’era. Un brivido freddo gli stava salendo sulla schiena, ma piano piano capiva che ce l’avrebbe fatta. Anche quella volta. “Basta un bancone e i tacchi di una donna che conosci da prima di sempre e il giochino ti riuscirà anche questa volta” ruminava dentro di sé.
Il miracolo dell’essere affabile e piacevole andava in scena anche questa sera.
In fondo era il suo mestiere, empatizzare con chiunque gli capitasse davanti. E certi mestieri non finiscono alle otto di sera.
2 commenti:
Mwwwahahahahah...
ne ho fatto un pdf, scaricabile da www.xlthlx.eu. enjoy ;)
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