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mercoledì, maggio 28, 2008

Da Sodoma a Gomorra

"Salò o le centoventi giornate di Sodoma" è un film del 1976.
Negli ultimi giorni si è detto e scritto di "Gomorra" che, un po' sull'onda del successo di Cannes, "era tempo che in Italia non comparivano film così". Duri, realistici, di denuncia, epocali o visionari.
Il sentimento più forte che mi ha suscitato la trasposizione in immagini del libro di Saviano è un'enorme incazzatura. Dalla prima inquadratura a quella di una ruspa che trasporta i corpi di due ragazzi ci si sente montare dentro una rabbia sorda. E poi disagio e inquietudine.
Pier Paolo Pasolini nel suo Sodoma in qualche modo ha trovato la morte e quel film postumo è, sebbene molto diverso, qualcosa che, al di là del gioco di parole, si lega al messaggio di Gomorra.
In entrambi la violenza è talmente tanta da sembrare innaturale, laddove il "potere" deumanifica. In uno il sesso nell'altro il denaro arrivano a ricoprire quel ruolo metaforico orribile che è in essi consustanziato. In entrambi i corpi si sfigurano nell'amoralità che rappresentano.
E il messaggio è lo stesso: state attenti, il vero sfacelo del nostro Paese è "culturale e antropologico", come sosteneva Pasolini ormai più di trent'anni fa.
I camorristi sono talmente alieni nella loro crudeltà e svuotati da ogni speranza da essere incomprensibili. E giuro che sì l'ho pensato. Lasciamoli perdere. Perchè tanta verità suscita indifferenza. E perché tutto quello che passa su uno schermo (leggasi ad esempio un governo qualsiasi) anche se è vero lo posso spegnere con un click.
Lo stesso click che aziona una pistola.
Senza numero di matricola, troppo spesso nelle mani di ragazzini che non hanno scampo a Scampia.
Guardiamolo "Gomorra", riguardiamoci i film che "era un po' che non giravano più".
Accendiamo la memoria, spegniamo lo schermo.
E tiriamo nel mondo reale chi si perde nei televisori.
Quelli dove si può dire "vogliamo riportare i fiori al posto dell'immondizia".
E trovare gente che ci crede davvero.

lunedì, luglio 30, 2007

Duecentesimo post


Mi raccomando, gioca bene le tue mosse. E Grazie.

UPDATE

Adesso basta, però...

mercoledì, gennaio 24, 2007

Genetica

A me mi garba parecchio codesto. Peccato per i francesismi livornesi, ma due risate son garantite.

venerdì, gennaio 05, 2007

Sentinella a che punto è la notte?

Stanotte, ché certe notti non è dormire e questo si sa, vi invito nuovamente a fare un giro nella mia testa. Tutto in associazione all'essere qui solo in una stanza ad aspettarvi fino all'alba, voi strani esseri senza camice che chiamano "malati di mente". Ma spesso è solo un'etichetta appiccicata male. Partiamo dal titolo che si riferisce ad un versetto del profeta Isaia. Lì la notte è la schiavitù e l'oppressione. E chi può sapere davvero quando finirà? Il professor Guccini lo canta quel versetto "shomer ma mi-llailah" in lingua ebraica nell'omonima canzone. E lì il quesito è già più esistenziale, nella notte del nostro sopravvivere: "Ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà, che la risposta sull'avvenire è in una voce che chiederà:"Shomèr ma mi-llailah...""
Qui siamo a Torino e questa domanda è riecheggiata alla fine del secolo scorso (fa effetto dirlo, no?) nel romanzo di Fruttero e Lucentini "
A che punto è la notte?" dove il Male camminava tra noi sotto la Mole, e grazie al mitico Nanni Loy ci siamo goduti le immagini di un magistrale film televisivo. La mia testa gira ed associa. La tragicamente sciolta società F&L per i tipi di Einaudi curò nel 1992 un' antologia della fantascienza che ebbe talmente successo da essere oggi fuori catalogo (incredibile! io quel libro l'ho divorato). E tra le storie in quella raccolta c'era un breve e folgorante racconto dal titolo "Sentinella" di Fredric Brown che in realtà è l'origine di tutto lo sproloquio che sto facendo. Un racconto di una sola cartella che trovo sempre bruciante ed attuale. E l'immagine l'ho rubata al papà degli ossessivi, Stanley Kubrick, e al monolito di "2001 odissea nello spazio". Il racconto che l'ha originato si intitola appunto "La sentinella" ed è di Arthur C. Clarke, anziano ometto di cui ometto indiscrezioni sessuali che in passato furono fatte.


Il cerchio si chiude laddove il monolito nero si infrange. Nel mistero della nostra mente insonne, nel territorio sconfinato sito due centimetri dietro la nostra fronte e - non me ne voglia il papà di "Scientology" Ron Hubbard - ancora ampiamente sconosciuto.


Buon non riposo, sentinella!


UPDATE del 6/01 (seconda notte consecutiva lavorata).
Niente parole. Solo un'immagine che è un ricordo e una necessità. Titolo: Sequenza.