Hangman, hangman, hold it a little while

Generalmente viene dato il nome di adolescenza a quella fase dell'età evolutiva che va dagli 11 ai 18 anni.

Poi qualcuno fa il solito giochino di dire che si sa quando inizia e non si sa quando finisce. Perché oggi si sta molto più a lungo a casa con i genitori, si tarda nell’assumere responsabilità e ruoli autonomizzanti e tutto si dilata all’infinito. Società immatura che non riesce più a crescere perché vorrebbe dire crollare su se stessa. E altre socio-psico-pompe di questo genere. Come se piovesse.

In questi giorni mi sento molto adolescente, eppure per età e, onestamente, anche per ruolo sociale dovrei esserne fuori. Il problema è che l’adolescenza non è una fase della vita ma è un modo di vivere. Ed è ciclico. Ritorna alla fine di un periodo. O all’inizio di uno nuovo (non è la stessa cosa). E non puoi fare altro che accettarla, accoglierla e… arrenderti. Quell’irrequietezza che senti nel pensare che ancora puoi cambiare qualcosa nella tua esistenza. Non importa che sia sempre meno, quella tensione dell’incertezza, quel sentimento di totipotenza, essere ancora indifferenziato sia pure ad un livello alto di specializzazione sono qualcosa che ti rovescia le budella. Ti innamori dell’idea ancor più che delle persone, ti senti incredibilmente ancora larvale. E desideri allo stesso modo cambiare così come non farlo. E ti trovi a danzare nel buio.

“I check myself out in the mirror I wanna change my clothes my hair my face”
(“Mi do un’occhiata allo specchio e vorrei cambiare i miei vestiti, i miei capelli e la mia faccia”…vabbè! – Bruce Springsteen, Dancing in the Dark, da Born in the U.S.A., 1984).