L'importante è finirla

Adesso arriva lui, apre piano la porta poi si butta sul letto e poi e poi…

L’importante insomma è finirla. Son tornato al mondo e già non lo sopporto più. E già non mi sopporto più.
La colpevole imprecisione di un telegiornale (l’eclissi di riferimento a Dio non è l’eclissi di Dio, che tutto al più è fin troppo visibile in questo meraviglioso fottuto sopravvivere).
La vera utilità di aver studiato circa 24 anni consecutivi: riuscire a configurare da sé il telefonino a ricevere/inviare MMS. E il godimento animalesco di avercela fatta.
Uno dei miei adorati compagni di reparto (di quelli che portano il pigiama, mica come me che sudo sotto un inutile camice) che mi spiega nel dettaglio gli orari della fine del mondo con buona pace di Ligabue, dei R.E.M., della logica, quella lineare idiota di noi normali. Lui si che sa farla finita.

Questo flusso di incoscienza è qui per cercare di dimenticare.

Dimenticare che questa mattina mi è stata data lettura degli obiettivi aziendali del mio Ospedale. Ho visto lager gestiti meglio. E soprattutto ho visto l’occhio di colleghi più anziani di me abbassarsi mesti e rassegnati alla più stringente necessità del Soldo. Produttività, gradimento, efficienza, riduzione di esuberi, contenimento delle spese, ottimizzazione delle risorse. Ah, e occhio… i termini cambiano con i governi: oggi non esiste più la struttura di eccellenza, ma quella ad alta complessità di casi gestiti. Giuro, è così.
Ma le persone dove sono? L’uomo qualunque direte? Qualunquista? No, scusate, è inutile lamentarsi. Gli sprechi vanno eliminati. Scriverò due righe all’Ufficio Relazioni con il Pubblico del mio Creatore di competenza.

Per oggi direi una cosa: il mio camice tenetevelo un po’ voi, è l’unica cosa candida qui dentro, non vorrei si sporcasse…