Le facce di questi uomini mi guardano da una roccia. Quella in cui oggi è inserita la foto che li ritrae a fine Ottocento davanti a questa stessa venatura di pietra.
E' come se mi passassero la mano, chissà che scartina calerà questo ragazzetto foresto.
Commuove il ricordo e quei volti sembrano storie interessantissime. Perchè fanno parte di un quotidiano lontano. Non la storia, ma la vita, quella di tutti i giorni, tra quelle dita grezze, ingiallite dal tabacco e crepate dalla terra. E non si andava a giocare se non a capo coperto e non senza un dignitoso panno a coprire un tavolo d'osteria, che nemmeno un casinò vero si sarebbe sognato. E l'uomo senza barba uomo non era, semmai ragazzetto da braghe corte. Il gilet abbottonato bottone per bottone come la talare di un prete, perchè quel che ripara dal freddo protegge pure dal caldo (diceva il mio nonno).
Signori cari, vi hanno lasciato lì, la mano aperta da giocare, nascosti in un angolo dove ritrovarvi non può essere una coincidenza. Non vi conosco ma vi rispetto. Perchè mi comunicate una dignità che oggi rarissimamente trovo e che allora tra questi monti respiravate a pieni polmoni e vi scorreva dentro fresca come l'acqua delle cascate. Lontani nel tempo, camminatori da non riuscire a starvi dietro, bevitori da farmi sembrare astemio e avvezzi alla fatica da ricordarmi quanto cittadino io sia.
Ma vicini nel cuore e nella vostra voglia di essere ricordati così.
Mentre giocate.
Ché altrimenti per cosa val la pena vivere?
2 commenti:
i ricordi
che anche se non sono direttamente nostri possiamo acciuffarli e tenerli stretti.
Sin
Potente è il fascino delle foto che scolorano legando vite passate, presenti, future.
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